Nel valutare il Documento economico e finanziario approvato martedì dal Consiglio dei ministri due elementi sono da considerare: quel che appare e che sta alla base dei “successi” di Renzi e la realtà effettiva. In altri termini da una parte c’è la rappresentazione data dal Presidente del Consiglio e dai suoi accoliti con il supporto univoco dei media volta a creare false letture e speranze e dall’altra la dura realtà dei contenuti economici e sociali avanzati, strettamente interni alle regole liberiste dell’Unione Europea e del fiscal compact. La vignetta dell’uomo con l’accetta che illustrava su questo sito l’azione di Renzi condensa perfettamente il significato del DEF.
Da sempre questo documento primaverile che indica i grandi obbiettivi economici e finanziari del governo, le misure proposte per realizzarli e le grandezze macroeconomiche (le dinamiche del PIL, il deficit annuale, l’occupazione) è improntato all’ottimismo e alla propaganda.
Il più delle volte le cifre indicate debbono essere corrette già nell’estate e modificate ancora in autunno, con il varo della legge di stabilità, cioè la vecchia legge finanziaria così ridenominata dopo la riforma della legge di contabilità nel 2011.
In quella sede si verifica anche quale sia il reale andamento dell’economia, se ci sono o meno le coperture per le spese programmate e, nel caso non ci siano, quali tagli operare per la quadratura dei bilanci.