mercoledì 21 agosto 2013

SYRIZA (GRECIA), UN CONGRESSO SFASATO

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di Charles-André Udry (da alencontre.org)
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Il Congresso di SYRIZA (Synaspismós Rhizospastikís Aristerás, Coalizione della Sinistra Radicale) – coalizione di 14 organizzazioni, diverse in termini di orientamenti politici e di importanza numerica – è stato organizzato in un periodo politico teso. Si è tenuto da giovedì 10 alla sera di domenica 14 luglio.

Un contesto che la direzione di SYRIZA voleva mettere tra parentesi

La brutale e improvvisa chiusura della radiotelevisione pubblica (ERT), l’11 giugno 2013, da parte del governo Samaras ha provocato l’occupazione della sede da parte dei/delle dipendenti. Venivano annunciati 2.650 licenziamenti per soddisfare le richieste della Troika (UE, BCE e FMI) relative alla compressione del numero totale di funzionari sull’insieme dello Stato. Ė quanto il Ministro dello Sviluppo (sic!), Costis Chatizakis, ha riconosciuto in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt , nella quale si è spinto fino ad accusare il Ministro delle Riforme (sic!), Antonis Manitakis, per il ritardo nel licenziamento dei funzionari. E’ vero che quest’ultimo faceva parte di Sinistra Democratica (DIMAR) di Fotis Kuvelis, l’alleato di second’ordine del governo. La campagna di propaganda menzognera del governo, secondo la quale l’ERT sarebbe un «centro di corruzione» fallisce rapidamente. Il significato reale della decisione del governo è stato compreso da moltissime/i dipendenti sia private/i che pubbliche/i.

La privatizzazione della TV si doveva effettuare subito dopo l’arresto del suo segnale, poiché l’ERT dispone di un segnale che copre l’insieme della Grecia – dunque le molte isole ripartite su un vasto territorio – e al di là, anche nei paesi vicini. In seguito all’occupazione dell’ERT, le trasmissioni sono passate in streamline, quindi l’ERT non ha mai avuto un tasso di ascolto così elevato. I/le dipendenti, spesso assunte/i grazie al clientelismo politico di Nuova Democrazia o del PASOK, (Movimento Socialista Panellenico) si sono radicalizzati sotto l’impatto delle misure di distruzione dell’ERT e dei loro posti di lavoro, e sotto quello dell’ondata di attiva solidarietà.
Quest’ultima ha rivitalizzato l’insieme del movimento sociale di resistenza. Il 9 luglio, un giorno prima dell’apertura del Congresso di SYRIZA, un’orchestra suonava davanti alla sede dell’ERT, come tutte le sere. Quelli che la sera del 13 giugno credevano di tenere il loro ultimo concerto, esercitavano ancora il loro talento circa un mese dopo. Questa volta suonavano, cantavano, recitavano testi della resistenza antidittatoriale (1967 – 1974) e delle lotte di resistenza contro i nazisti, poi contro le forze imperialiste britanniche sostenute dalla borghesia reazionaria e monarchica greca, e infine le poesie e i canti che traducono l’eroismo dei combattenti dell’ELAS (Esercito Popolare di Liberazione Nazionale) durante la guerra civile (1946 – 1949). Il 9 luglio 2013 alle 22 erano presenti circa 2.000 persone, di tutte le età e di tutti i settori sociali. Ascoltavano in silenzio, applaudivano, partecipavano. Il tutto era filmato in modo professionale, proiettato su due schermi e passava in diretta su internet. Orchestre sinfoniche, cantanti e poeti esprimevano la volontà di non piegare la schiena e si facevano portavoce di tutte le lotte disperse, il più sovente senza speranza di vittorie o di conquiste. Delegazioni venivano davanti all’ERT per sostenere l’occupazione e ricevere appoggio.
Il 30 luglio 2013, la polizia non ha esitato ad arrestare sette tecnici e un giornalista con l’accusa di tentare di riavviare il segnale dell’ERT che si trova sul monte Imetto, a est di Atene. Le otto persone sono state imprigionate per preteso danneggiamento della proprietà pubblica, e la polizia antisommossa è stata schierata per reprimere la manifestazione di sostegno dei/delle loro colleghe/i. La difesa e l’occupazione dell’ERT, la volontà di rimetterla in funzione – e non solo di diffondere in permanenza le sue emissioni su internet – sono un simbolo della determinazione e della tenacia di un vasto settore della popolazione. I sondaggi indicavano che il 67,5% delle persone si opponevano all’imbavagliamento dell’ERT e alla sorte riservata al «capitale culturale pubblico» (tre orchestre sinfoniche) di cui disponeva e che la lotta ha valorizzato agli occhi di tutti. Sotto questo punto di vista, questa lotta specifica conteneva e contiene gli elementi di un’alternativa all’austerità, di una messa in cantiere di potenzialità che la Troika vuole distruggere.
Una tale forza, che mette in scacco una decisione emblematica del servilismo del governo Samaras rispetto alla Troika, non poteva non provocare una crisi di governo. Sinistra Democratica (DIMAR), partito di «centrosinistra» (di centro) nato da una scissione a destra del partito di sinistra riformista Synaspismós, ha quindi lasciato la coalizione di governo. Formalmente, DIMAR si lasciava dietro un governo bipartisan formato da un partito della destra dura, Nuova Democrazia, e il «socialdemocratico» PASOK. Questo governo dispone ora di un’infima maggioranza di 153 deputati su 300. Tuttavia, DIMAR vota l’essenziale delle leggi presentate dal governo. Ne va della sua sopravvivenza finanziaria e politica e della necessità di evitare elezioni che sarebbero spiacevoli per lei.
All’inizio di luglio, qualche giorno prima del Congresso di SYRIZA, il governo Samaras decideva nuovi massicci licenziamenti nel settore pubblico. Il governo dirige per mezzo di decreti, applicando il programma della Troika. Questi licenziamenti, tra l’altro su scala municipale hanno provocato una nuova ondata di lotte (uno «sciopero generale», manifestazioni di insegnanti delle scuole secondarie e di dipendenti municipali, della polizia urbana di Atene, ecc.). La loro amplificazione e centralizzazione costituisce il problema politico determinante da risolvere. Cosa non semplice. Per ora la frammentazione delle molte «resistenze» rimane dominante, il che rivela la loro relativa debolezza.
Dal 2011 sono state chiuse più di 100 scuole e asili nido. Un’insegnante di una scuola specializzata della città di Larissa (capoluogo della Tessaglia), dopo avere appreso, venerdì 26 luglio, il suo trasferimento nella «squadra di riserva » – che implica una perdita immediata di stipendio del 25% e il licenziamento entro 9 mesi – è svenuta. Ricoverata in ospedale sabato 27 luglio, è deceduta. Aveva chiesto un’esenzione da quella misura perché era stata operata al cuore un anno prima. Un membro del Ministero dell’educazione aveva respinto per telefono la sua richiesta. Non per caso. L’insegnante era nota come membro attivo del Comitato degli insegnanti opposti al meccanismo della «squadra di riserva», alla riduzione drastica del numero degli insegnanti e alla chiusura di scuole cosiddette passive. Bisognava licenziare questa militante e così condannarla di fatto a morte. Si trovava sulla lista dei 122 insegnanti di Larissa «relegati nella riserva».
Quasi nello stesso momento, la stampa greca annunciava che l’installazione del terzo ufficio per il voluminoso vice primo ministro socialdemocratico , Evangelos Venizelos, era costata 760.000 euro. Niente “riserva” qui, affinché il padrone del PASOK – questo sì più che dimagrito – potesse sistemarsi a suo agio. Il «socialista » francese Jacques Attali aveva indicato la via nel 1992. In quanto capo della BERD (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo … all’Est) aveva deciso di dedicare, tra il 1991 e il 1992, circa 840 milioni di franchi per l’arredamento della nuova sede nella City di Londra. La cifra includeva diversi viaggi e lussuosi ricevimenti, oltre a un ufficio in marmo di Carrara costato 6 milioni di franchi secondo il direttore del bilancio della BERD, Pierre Pissaloux. La BERD pensava soprattutto a costruire se stessa. Attualmente, Attali si occupa di una ONG, «PlaNet finance» «organismo di solidarietà internazionale»! Su quale pianeta atterrerà Venizelos?

Una moltitudine di lotte, un’assenza di mobilitazione centralizzata, di un vero sciopero generale

I colpi inferti agli insegnanti a Larissa danno un’idea della violenza della guerra sociale condotta dalle classi dominanti, ma anche dei tentativi di resistenza organizzati, delle lotte, delle mobilitazioni … Però, finora non c’è sinergia tra queste diverse opposizioni, rivolte, contestazioni. La costruzione di una dinamica centralizzatrice, uno sciopero di fatto politico, costituirebbe uno strumento necessario per dare uno scossone alla politica della Troika e dei suoi alleati greci. Inoltre, per far fronte agli ordini di precettazione militare del governo che si rivolge per lettera al singolo insegnante minacciandolo di licenziamento se non si reca al lavoro, si impone il coordinamento di alcune manifestazioni settoriali. In sua assenza, la stanchezza perle numerose reazioni a ogni colpo ricevuto, ma non coronate da risultati, può impadronirsi del corpo sociale. Certo, le bastonate inflitte con l’applicazione del terzo Memorandum («piano di salvataggio») hanno suscitato un rilancio della combattività in giugno e luglio.
Alla fine di giugno è crollato il mito di una possibile uscita dalla crisi. Il racconto ripetuto in vari paesi d’Europa – «ora si intravede la luce alla fine del tunnel» – si è interrotto. L’Istituto di studi sul lavoro della GSEE (Centrale sindacale del settore privato) stima che il tasso di disoccupazione all’inizio dell’autunno salirà al 29-30%. Eurostat, alla data del 2 luglio 2013, lo poneva per marzo 2013 al 26,8% della popolazione attiva, in rapporto al 22,2% dell’anno precedente. La statistica ufficiale dello Stato greco è in ritardo sul ritmo delle misure di austerità. I paesi dell’UE registrano all’inizio di luglio i «risultati» della disoccupazione del mese di maggio. Il numero dei giovani di meno di 25 anni e non scolarizzati e disoccupati è stimato al 59,2% in Grecia contro il 56,5% in Spagna e il 42,1% in Portogallo (nel marzo 2013).
Non sono messi in conto vari fattori, come l’emigrazione forzata dei giovani più o meno qualificati (più di 200.000 nel corso degli ultimi due anni), l’effetto di flessione che spinge molte persone a non cercare più di entrare nel «mercato del lavoro», perché si sentono «condannate» in anticipo (ad esempio, donne di una certa età con un reddito più che ridottissimo). Senza citare le persone che giudicano che la ricerca attiva di un lavoro non darà risultato. Tra queste si trova una parte importante dei disoccupati e delle disoccupate di lunga durata (12 mesi e più). Queste ultime rappresentano, secondo l’Istituto greco di statistica, 888.700 persone su 1.355.200 disoccupate/i (sempre nel marzo 2013). Di conseguenza, non cercando più attivamente un lavoro, saranno espulse/i dalla «statistica», dato che la statistica è la concretizzazione feticistica del disoccupato reale.
Secondo un sondaggio dell’Eurobaromètre apparso a luglio (Public Opinion in the European Union; Fieldwork, May2013; pubblicato a luglio), il 90% dei greci interrogati non ha nessuna fiducia nel governo, e l’89% ha lo stesso atteggiamento verso il Parlamento; l’inchiesta è stata condotta su scala europea tra l’11 e il 25 maggio 2013. Nello stesso periodo il governo greco accentuava il suo discorso sul tema: «la situazione economica comincia a migliorare». Tuttavia, nel maggio 2013, il 62% dei greci pensava che la situazione economica avrebbe continuato a degradarsi. Tale cifra è in aumento.
Inoltre, sono usciti dati ufficiali relativi ai pretesi prestiti «offerti dalla Troika» contro ordini di «ristrutturazioni», di privatizzazioni, di tagli nelle spese sociali. L’ammontare dei suddetti prestiti è così ripartito: il 98,4% ritorna direttamente nelle mani dei creditori internazionali, vale a dire il FMI, la Banca Centrale Europea e gli Stati dell’Unione Europea. Il rimanente 1,6% è destinato al bilancio dello Stato greco … e partecipa quindi all’aumento dell’ indebitamento. Quindi sui 236,8 miliardi di euro «prestati» e i 25,6 miliardi provenienti dalle privatizzazioni dal 2010, solo 3,77 miliardi «sono rimasti» in Grecia, per l’essenziale sotto forma di aggiunta al debito pubblico. Ecco un’illustrazione semplice dei meccanismi classici dei prestiti per «salvataggio pubblico» (bail out) legati a condizioni di distruzione umana ed economica di un paese. Tutto per salvare «l’eurozona», come spiegano Angela Merkel e Wofgang Schäuble, che ha visitato la Grecia, sotto alta sorveglianza, il 18 luglio. In altre parole: i creditori sono nutriti da quelli che muoiono di fame. Ecco la dimostrazione dell’equità invocata dall’ideologia neoliberista. Il termine di equità ha sostituito quello di uguaglianza. Ma non significa altro che il calcolo di ciò che è dovuto a qualcuno. Secondo quale criterio è determinato il «dovuto»? Chi calcola il dovuto? E come? Nell’esempio con le cifre citate qui sopra, si trova dunque una ragione in più per rafforzare la rivendicazione di non pagamento del debito e non solo quella di «moratoria sugli interessi», come chiede Alexis Tsipras. Tanto più che i principali creditori sanno che il debito è impagabile, hic et nunc. E che essi mantengono il popolo greco sotto il ricatto permanente e ingannevole del versamento condizionale di quote di credito. Ad esempio Simon O’Connor, portavoce della Commissione Europea, ha annunciato via Twitter, il 26 luglio 2013, il versamento di una quota di 2,8 miliardi di euro, presa sul «pacchetto d’insieme» previsto. Diceva ai greci, in modo subliminale: Andate al mare, il sole brucia, proteggetevi! Perché i nuovi strati di austerità manterranno la temperatura a un grado elevato al ritorno dell’autunno. E per farsi curare occorreranno più sforzi che per trovare l’ombra nel mese di agosto.
ELEZIONI IN GRECIA
Questi trasferimenti andata e ritorno si effettuano in un momento in cui le entrate fiscali crollano, malgrado l’enorme aumento delle imposte dirette e indirette che colpiscono i/le salariate/i. Un’imposta di solidarietà dall’1 al 4% secondo il reddito dovrà essere pagata fino al 2016, e la tassa di urgenza sulla proprietà sarà prolungata per il 2014. L’Unione Europea constata che gli obiettivi di privatizzazione non sono stati raggiunti. I redditi che ne dovevano derivare erano stimati in 2,6 miliardi di euro, ma raggiungono appena 1,6 miliardi. Una delle cause è il fallimento della vendita della società del gas Depa alla russa Gazprom. Non solo gli Stati Uniti e i loro alleati regionali si opponevano alla cessione di Depa a Putin-Gazprom, ma la società russa ha constatato l’indebitamento di grandi industrie greche nei confronti di Depa, e lo Stato greco non ha ricevuto dalla Troika il permesso di garantire il pagamento di tale debito privato.

Vista sotto un angolo più ampio, una recessione di un’ampiezza simile a quella di una guerra – una caduta del PIL vicina al 29% su 5 anni – non è esattamente la condizione ideale per riempire le casse del «Tesoro pubblico». Tanto più che una «casta di milionari», come ha dovuto riconoscere il Ministro delle Finanze Yannis Sturnaras, è «intoccabile». «Intoccabili» grazie alle politiche della Troika, dei partiti di governo, del sistema bancario transnazionale con le sue tecniche appropriate. In Grecia intoccabili sono i milionari, in India sono tali gli strati più poveri, come fa notare un giornalista greco.
I veri «intoccabili» in Grecia sono gli immigrati, gettati nella miseria più totale, se non rinchiusi di fatto in campi di concentramento. Sono il bersaglio quotidiano delle forze di polizia, come i senzatetto del centro di Atene durante la stagione turistica.
I neonazisti di Alba Dorata rafforzano le loro posizioni in uno strato della popolazione traumatizzato dalla crisi, e hanno il sostegno finanziario, diretto o indiretto, di frazioni capitaliste, come gli armatori le cui navi funzionano solo grazie a una manodopera di filippini o indonesiani, oltre a meccanici croati o serbi. Alba Dorata continua la sua politica di «supplenza delle autorità», effettuando diversi «controlli» di carte d’identità e cominciando ad attaccare fisicamente i militanti di sinistra. La lotta antifascista e antirazzista avrebbe dovuto essere trattata nel Congresso di SYRIZA, in quanto tema grave e direttamente legato alla lotta contro il programma di austerità e a quella per i diritti democratici e sociali. Ė stato comunque trattato da membri della sinistra di SYRIZA («Piattaforma di sinistra») in interventi di 7 minuti.

Programma e «governo di sinistra», di che cosa parliamo?

In questa situazione, la coalizione SYRIZA si trova confrontata alla seguente domanda: come la sinistra radicale può rivendicare e conquistare il potere senza perdere l’anima? In concreto, la questione posta è quella delle alleanze sociali e politiche, del programma, del modo di conquistare il potere di governo e di ciò che si intende, in termini di compiti e di doveri, quando si affermano la prospettiva e la parola d’ordine di «governo di sinistra».
Per programma non intendiamo una lista di rivendicazioni. Prima di tutto, un programma deve essere un modo di rendere comprensibile al maggior numero possibile la dinamica della situazione del paese e della società; più precisamente, quella dei rapporti tra le classi dominanti e i loro rappresentanti politici da un lato, e il proletariato in senso ampio e i suoi alleati reali o potenziali (piccoli contadini) dall’altro. Una comprensione che viene chiarita con la messa in evidenza delle azioni precise e concrete del governo Samaras e del padronato, insistendo sulla loro responsabilità e non trasferendo l’insieme della sorte del paese e della sua popolazione sulle decisioni della Troika, che sono certo importanti. Se si fa della Troika la sola responsabile della situazione si mette in piedi la trappola di una politica di unità nazionale», di vera collaborazione di classe, di passivizzazione dei/delle salariat*. Allo stesso modo si stimola un sentimento di impotenza tra i/le salariat*, poiché i Führer «troikiani»sono «troppo lontano, troppo distanti, troppo intoccabili». Il modo di rendere comprensibile la situazione concreta alle masse lavoratrici è certamente legato a un lavoro di analisi, ma non si tratta di rovesciare tonnellate di analisi senza trarne le conclusioni pratiche su: che fare domani?
Allo stesso tempo bisogna rendere sensibile ai/alle salariate/i questa situazione nelle sue articolazioni settoriali (scuola, sanità, occupazione, privatizzazioni, ecc.). In altri termini, permettere ai settori più ampi possibili di quelle masse lavoratrici, tramite le loro pratiche di lotta e delle rivendicazioni che le accompagnano, di prospettare in modo più preciso le vie di una resistenza con l’obiettivo di passare al contrattacco. Una mobilitazione-sciopero degli insegnanti deve trovare le modalità, anche pedagogiche, affinché le lavoratrici e i lavoratori del settore della sanità, dell’amministrazione comunale – e perché no, della polizia municipale – possano riconoscersi come quelli che sostengono o dovranno sostenere una stessa lotta. Ciò implica di fare non solo un atto di difesa dei salari, dello statuto degli insegnanti – che è prioritario – ma di sviluppare un’idea supplementare, strettamente legata alla prima: quale servizio pubblico, quale insegnamento, quale educazione, per chi, per che cosa, con quali mezzi? Quali legami tra questi temi e la difesa dell’occupazione? In base a un tale orientamento si può stabilire più facilmente un’unione con i genitori, gli utenti. L’analogia con una lotta nel settore della sanità diventa quindi possibile da vedere e da essere compresa.
In questa logica dinamica, si affermano le condizioni di un «governo di sinistra » basato sull’azione di massa, coordinata, che costruisce una comprensione e una coscienza comuni. All’opposto di un «governo di sinistra» che si appoggia su una maggioranza parlamentare costruita a partire da alleanze incerte e che suscita il massimo di delega da parte della popolazione, con settori combattivi messi in stallo per non disturbare l’attività del suddetto governo di sinistra, la cui lettera d’intenti comporterà sicuramente rivendicazioni «intelligenti» e «tecnicamente irreprensibili».
Nel corso degli ultimi mesi, la direzione Tsipras di SYRIZA ha mandato numerosi segnali sul fatto che la coalizione, nelle sue diverse componenti, si accingeva ad adottare un approccio moderato, di «centrosinistra», su tali questioni strategiche. Molti membri dirigenti argomentano che in un tale disastro sociale e davanti ai pericoli dell’autoritarismo, bisogna come priorità «salvare il paese». Ne concludono che politiche di sinistra che vadano alle radici della crisi sociale ed economica e del regime politico in carica, nel migliore dei casi devono essere rimandate a un ipotetico futuro. Nell’azione di SYRIZA deve essere cancellato il filo rosso che indica il legame tra lo scontro immediato, i bisogni più risentiti e i veri ostacoli alla loro soddisfazione, cioè il complesso che si articola intorno alla proprietà privata, alle istituzioni sovrane dello Stato e della politica governativa, in quanto consiglio di amministrazione posto sotto la sorveglianza dei controllori e revisori dei conti su mandato dei capi della Troika. Coloro che devono mostrare alle classi lavoratrici europee la punizione che meritano quando non accettano che le conquiste sociali, sorte da rapporti di forza e da un periodo di «crescita economica» passata, sono da considerare non più corrispondenti alle esigenze della competitività mondializzata, il treno ad alta velocità che dovrebbe permettere all’insieme del proletariato mondiale di lanciarsi domani su una curva a più di 250 km/h senza pericolo per i passeggeri. Né per chi ha concepito la rete produttiva interconnessa su scala mondiale, né per il suo supporto «naturale», il suo ambiente.
In termini sociali, una prospettiva di «governo di sinistra» di questo tipo si riduce a un compromesso, per non usare un’altro termine, con settori delle classi dirigenti nazionali e internazionali, per attuare una «ristrutturazione dell’economia greca su una base socialmente giusta». Il che ha condotto Alexis Tsipras, nel suo discorso televisivo del 10 luglio davanti a un congresso di delegati ancora sparsi, e con maggior nettezza negli interventi seguenti – a lasciare intendere che il «governo di sinistra» dovrebbe avere come centro di gravità ministri di SYRIZA, ma che non bisognava escludere nessun altro a eccezione di Alba Dorata ( i neonazisti) e della destra di Nuova Democrazia.
Ricordiamo che Antonis Samaras ha lasciato Nuova Democrazia nel 1992, a causa della sua linea ultranazionalista sulla Macedonia, e ha creato allora il proprio partito: Primavera Greca, molto di destra, e ha avuto contatti con il Front National francese di Jean-Marie Le Pen. In seguito a risultati elettorali molto mediocri e alla non partecipazione alle elezioni del 2000, è rientrato in Nuova democrazia nel 2004, ed è stato Ministro della Cultura nel governo Karamanlis. Ha condotta una battaglia di ideologica e di cricca per prendere la guida di Nuova Democrazia e ha ottenuto il posto con una maggioranza relativa nel 2012. Questo punto di storia indica il senso della formula di Tsipras sulla composizione e le alleanze prospettate per la formazione del suo ipotetico «governo di sinistra». In effetti, DIMAR, alcuni elementi del PASOK e altri «tecnici» convertiti dell’ultima ora sarebbero candidati accettabili per un tale governo di «salvezza nazionale».
Ora, Tsipras può fare tutte le concessioni che vuole, ma è più che probabile che i settori dominanti del capitalismo greco e i loro mentori internazionali non compreranno proposte di «apertura» di questo tipo. Tanto più che il suo controllo su SYRIZA non è solido ed egemonico e che SYRIZA non controlla la dinamica sociale e politica, al contrario di quello che il PCI (Partito Comunista Italiano) e la CGIL potevano fare in Italia negli anni 1970-1980. Inoltre, SYRIZA non determina (ancora?) la direzione del grosso degli apparati del movimento sindacale, con le sue due confederazioni ADEDY per il pubblico e GSEE per il privato, settore dove il suo radicamento è molto debole, tra gli altri nelle piccole e medie imprese.

Sotto le luci della ribalta, scaldare per sciogliere

Dalla sera del 10 luglio, è stato chiaro l’obiettivo del Congresso detto di fondazione del nuovo partito SYRIZA. La serata di apertura era una messinscena per due attori: Alexis Tsipras e Pierre Laurent del PCF. Sono saliti alla tribuna, tra gli altri, vecchi militanti comunisti che incarnano tutta una storia. Erano preceduti dai dirigenti delle organizzazioni fondatrici di SYRIZA nel 2003, tra i quali Antonis Ntavanellos, di DEA (Sinistra Internazionalista Operaia). I vecchi sono stati applauditi più di Tsipras quando è arrivato sotto il fuoco dei proiettori e degli applausi concertati, e ha salutato teatralmente i suoi «alleati internazionali». Il genere di segni che i consiglieri sperimentati del giovane dirigente trentanovenne hanno rivelato in seguito.
Glezos
Manolis Glezos (nella foto, mentre parla al congresso), nato nel 1922 ed eroe della resistenza antinazista, non era presente. Visto che non aveva avuto diritto a una discussione con la direzione Tspiras sulla questione dello scioglimento delle organizzazioni (tra le quali la sua), ha boicottato questa «luminosa» cerimonia di apertura.

Il discorso di Tsipras si articolava su tre temi: 1° il pericolo del regime autoritario che si rafforza; 2° l’importanza quindi, di difendere la democrazia senza qualificativi (non i diritti sociali e democratici conquistati nelle lotte, che costituiscono un dato del passato prossimo e del presente della Grecia); 3° la lotta per la «giustizia sociale». Nessuna allusione alle lotte che si svolgevano in quel giorno, per trarne insegnamenti sulla prossima strategia. Frasi che indicano un’apertura ad alleanze politiche e sociali larghe.
Come sempre in questo genere di discorsi – che leggeva perché «qualcuno» glielo aveva scritto – il veleno è nella coda. In nome della fondazione, infine, di un «partito unificato e democratico», era necessario mettere fine alla coalizione dei 14 partiti che formavano SYRIZA. La proposta era impacchettata in carta da regalo, della quale hanno il segreto gli allievi dell’eurocomunismo: «bisogna che ciascuno e ciascuna possa impadronirsi del partito, che il popolo possa disporre di questo strumento, mettendo tutti sullo stesso piano, dunque sciogliendo i partiti e le organizzazioni che costituiscono SYRIZA». A mo’ di prova, il mattino di giovedì 10 luglio Synaspismós (Coalizione della Sinistra, dei Movimenti e dell’Ecologia), principale componente numerica di SYRIZA, si era sciolta. Questo fatto compiuto doveva servire da indicazione esemplare per gli altri gruppi, movimenti, o organizzazioni. In tal modo solo il presidente di SYRIZA che deve essere eletto dal Congresso (e non dal Comitato centrale) e la direzione maggioritaria attorno a lui, resterebbero organizzati e si impadronirebbero, senza dibattiti futuri, del «grande partito democratico che tutti i greci aspettavano». L’essenziale del Congresso si svolgerà attorno a questo obiettivo, decisivo per la direzione Tsipras per rafforzare la sua credibilità presso quelli che considera i suoi interlocutori importanti, settori del PASOK e frazioni della borghesia che si pensa accolgano le sue proposte. Cosa peraltro illusoria nell’attuale contesto nazionale e internazionale. Le questioni politiche più urgenti sono quindi state affrontate, per l’essenziale, da interventi di varie correnti, diverse da quella di maggioranza, in particolare dai/dalle delegate/i della Piattaforma di sinistra.
Come una star americana – quella che passa prima di Johnny Halliday per intrattenere la sala in uno spettacolo normale, ma che per l’occorrenza è passata dopo il cantante star Tsipras – i congressisti hanno avuto diritto a Pierre Laurent, del Partito comunista francese (PCF), che è intervenuto dopo aver lasciato, per un istante, i suoi compagni della Gauche unie européenne (GUE), seduti in prima fila, a conclusione della serata spettacolo. Il suo discorso tradotto in greco negli altoparlanti si poteva udire solo sul canale zero della traduzione, un numero emblematico.
Laurent, a nome del Partito della sinistra europea, tratta dapprima la situazione politica europea, favorevole al PGE e alle sue prospettive: «Non hanno alcun sostegno popolare. Per questo si fanno beffe della democrazia, negano le sovranità popolari, i diritti politici e sociali dei cittadini. Non hanno alcun avvenire politico. Sono alla frutta. Sono “governi zombie”!». Poi sottolinea i progressi di questa sinistra: «Nel 2012, voi [SYRIZA] siete passati all’offensiva rivendicando il potere, aggregando attorno a un progetto di progresso per la società greca. La vostra forza è diventata la prima forza di sinistra del paese. Ha reso credibile la prospettiva di una politica alternativa. Oggi è alle porte del potere. Le sfide sono grandissime. Bisogna ricostruire la società, le sue strutture di solidarietà, i suoi strumenti produttivi, la sua democrazia. Bisognerà trovare le vie per il rispetto della sua sovranità di fronte a una UE dominata dai mercati e dai neoliberisti. La solidarietà europea e le lotte per la rifondazione dell’UE saranno determinanti. Voi potrete contare sulle forze del PGE per aprire gli spazi di convergenza necessari, a livello europeo, tra le forze politiche della sinistra, con le forze sociali e sindacali. Le condizioni di questa unione sono più favorevoli oggi, come dimostrano l’Altrersummit [qualificato da molte/i militanti come incontro estivo per la burocrazia sindacale europea, che per l’occasione si dà le arie di combattenti europeisti, e per rappresentanti, per l’essenziale stipendiati, di diverse ONG, tutto all’ombra del PGE e della destra di SYRIZA, il che non cambia molto], che si è riunito ad Atene il mese scorso [in giugno], le evoluzioni della Confederazione europea dei sindacati [la CES finanziata dalla UE!] e il primo sciopero generale coordinato del 14 novembre scorso». Testuale, non state sognando.
Pierre Laurent, il magnifico [non quello fiorentino del XV secolo italiano] conclude con un colpo di gong: «Nel 2004, noi eravamo insieme, Synaspismós e il mio partito, il Partito comunista francese, per fondare il PGE. Siamo andati molto avanti seguendo ciascuno la nostra strada, ma avendo la stessa traiettoria. I progressi degli uni hanno rafforzato gli altri e insieme abbiamo fatto crescere il PGE». L’orizzonte, per Pierre Laurent e il PGE, non si allontana troppo quando vi si avvicinano. Ė normale poiché Laurent lo definisce così: «Prepareremo le elezioni europee del 2014 che saranno un momento cruciale per cambiare il rapporto di forze in Europa, per rafforzare il gruppo GUE/NGL nel Parlamento europeo». I lavoratori e le lavoratrici europee/i attendono con impazienza il maggio 2014. I suoi «amici» del Parti de gauche e del Front de gauche non avevano un’aria troppo felice, ma hanno fatto la loro scelta, tocca a loro sostenerla. Quanto alla IU (Izquierda Unida, Spagna), al Bloco de Esquerda del Portogallo, a Die Linke della Germania, a Rifondazione comunista dell’Italia, al PC finlandese, al PC dell’ Austria … e persino afghano, «tutto filava liscio». La fiducia in Tsipras, che ha «persino riflettuto alle nuove banconote da stampare», in caso di uscita dall’eurozona, come sottolineava uno stimato economista portoghese, concretizza le speranze (vane) di quanti pensano che la classe dominante europea sia pronta a fare regali a una maggioranza parlamentare «veramente di sinistra», senza nemmeno menzionare il gruppo della GUE che fa tremare i muri a Bruxelles e Strasburgo.
Su questo tema, uno degli argomenti avanzati dalla direzione Tsipras a proposito della messa a morte della coalizione era il seguente: se non siamo un partito unificato, rischiamo di non ottenere i 50 seggi supplementari attribuiti al partito che arriva primo nelle future elezioni in Grecia. Ora, la questione era stata risolta formalmente (sul piano giuridico-costituzionale) prima delle ultime elezioni. Questo aneddoto a proposito di una voce, permette di cogliere il modo in cui da parte della direzione Tsipras si era scelto di condurre il dibattito in occasione del Congresso di fondazione. La seconda parte di questo articolo stabilirà il legame tra i dibattiti e i risultati del congresso e la situazione in Grecia all’inizio di agosto.
Charles-André Udry (30 luglio 2013)

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